«Abbiamo fatto l'Italia. Ora si tratta di fare gli italiani».
Sicuramente il Marchese Massimo d’Azeglio, uno degli uomini politici piemontesi protagonisti del processo di unificazione dell’Italia, non aveva previsto che la celeberrima frase con cui commentava la nascita del Regno d’Italia proclamato nel 1861 sarebbe diventata proverbiale.
Cerchiamo di rettificare il senso del motto. Nella prefazione del suo postumo “I miei ricordi” (1867) egli scrive: “Il primo bisogno d’Italia è che si formino Italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani”; dunque non si riferiva il nostro marchese all’unità degli Italiani dal punto di vista politico ma alla loro maturità culturale, civile e morale. Ce ne dà conferma Ferdinando Martini che ne “L’illustrazione italiana” del 16 febbraio 1896 racconta che in una conversazione in pubblico a Montecatini il D’Azeglio avrebbe affermato: “Se vogliono fare l’Italia, bisognerà che pensino prima a fare un po’ meno ignoranti gli Italiani”.
E qui viene ancora in mente l’altro motto di Alfonse de Lamartine: “L’Italia è una terra di morti”, ribadito nell’apostrofe antitaliana: “Io cerco [in Italia] uomini e non polvere umana”, che faceva eco allo storico tedesco B. Giorgio Niebühr, diplomatico a Roma dal 1816 al 1823, il quale ebbe a scrivere: “... L’Italia è una terra di morti che camminano”.
Sicuramente il Marchese Massimo d’Azeglio, uno degli uomini politici piemontesi protagonisti del processo di unificazione dell’Italia, non aveva previsto che la celeberrima frase con cui commentava la nascita del Regno d’Italia proclamato nel 1861 sarebbe diventata proverbiale.
Cerchiamo di rettificare il senso del motto. Nella prefazione del suo postumo “I miei ricordi” (1867) egli scrive: “Il primo bisogno d’Italia è che si formino Italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani”; dunque non si riferiva il nostro marchese all’unità degli Italiani dal punto di vista politico ma alla loro maturità culturale, civile e morale. Ce ne dà conferma Ferdinando Martini che ne “L’illustrazione italiana” del 16 febbraio 1896 racconta che in una conversazione in pubblico a Montecatini il D’Azeglio avrebbe affermato: “Se vogliono fare l’Italia, bisognerà che pensino prima a fare un po’ meno ignoranti gli Italiani”.
E qui viene ancora in mente l’altro motto di Alfonse de Lamartine: “L’Italia è una terra di morti”, ribadito nell’apostrofe antitaliana: “Io cerco [in Italia] uomini e non polvere umana”, che faceva eco allo storico tedesco B. Giorgio Niebühr, diplomatico a Roma dal 1816 al 1823, il quale ebbe a scrivere: “... L’Italia è una terra di morti che camminano”.
L'Italia a pezzi... don giorgio bortolotto | |
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People & Blogs | Upload TimePublished on 6 Mar 2018 |
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